Stanotte voglio cominciare dalla fine. Perchè credo che, in un certo senso, corrisponda ad un inizio.
#parte 2: Kitchen parties
Apro la porta della cucina. Dall'altra parte una ragazza bassina, con i capelli nero-tinto che le cadono sulla fronte, tutta improfumata e vestita a festa.
E' venuta anche lei al nostro party, che però sembra poco movimentato, e così decidiamo di andare nella sua cucina.
L'ascensore si ferma al diciottesimo piano, all'ultimo però, il diciannovesimo, non ci arriva. Bisogna salire le scale. E mentre le sali costeggi una piccola finestra, una feritoia su quel mondo innevato che c'è là fuori; quel mondo che ti sembra così distante da quell'altezza vertiginosa.
E così mi ritrovo a bere vino bianco, trasparente come acqua. Non lo puoi comprare, quel vino che è acqua. L'hanno fatto alcuni tedeschi. Hanno comprato il materiale, hanno passato un giorno in cucina e poi hanno aspettato. E ora lo stiamo bevendo. Quel vino che è acqua, ma che acqua non è, visto che la stanza inizia a girare.
Qui in Norvegia è l'unico modo per procurarsi una bevanda alcolica senza spendere una fortuna. Bisogna farsela da soli. E così le tante cucine del dormitorio si trasformano in vere e proprie distillerie per studenti.
Sho, il ragazzo giapponese seduto alla mia destra, è già ubriaco, e si addormenta sulla sedia.
Il kitchen party continua.
E' una tradizione ormai, qui al Fantoft, organizzare feste nelle grandi cucine in comune su ogni piano dell'edificio C-D. Li chiamano "kitchen parties". Piuttosto che uscire fuori, al freddo, si rimane nel dormitorio, vagando da una cucina all'altra. Come spettri che non hanno voglia di dormire. Come anime che infestano i meandri dello studentato.
Se ti trovi a camminare nei lunghi corridoi vuoti del Fantoft, la notte, bussa alla porta di una cucina. Una a caso, non importa. Ci sarà sempre qualcuno ad accoglierti. Qualcuno con un gran viso pallido e le guance rosse per l'alcol. Qualcuno con grandi occhi neri, profondi come la notte. Qualcuno che sta lavorando alla sua birra o sta facendo il suo vino. Non importa. Quello che conta, nei lunghi corridoi vuoti del Fantfot, è che non ti sentirai solo.
#parte 1: Dove finiscono le cose perse e mai più ritrovate
Il bianco della neve riflette il sole e fa male agli occhi.
La città di mattina è più bella che mai. Specialmente Bryggen, la parte antica. Una schiera di casette di legno del 1200, che sembrano resistere al freddo e alle intemperie molto meglio dei miei piedi, che intanto congelano dentro gli scarponi.
Ci arrampichiamo su per una collina, rischiando di scivolare sul ghiaccio. Siamo sulle mura della rocca, da cui si vede il porto commerciale. Anche le navi sono innevate. Continuiamo per un ponte, che sembra sospeso nell'aria. La montagna è ovunque intorno a noi. Ci circonda. Ci possiede.
Scivoliamo giù e ci ritroviamo su Ovregate, una strada larga che sembra continuare per molto ancora.
E' li che lo troviamo.
Un piccolo negozio, o almeno così ci appare. Decidiamo di entrare.
Capisco subito che si tratta di un posto magico. E' il posto che ho sempre cercato. E' il posto dove finiscono gli oggetti dimenticati, persi e mai più ritrovati.
A volte capita di non usare più un oggetto per lungo tempo. Ti dimentichi quasi della sua esistenza. Poi, un giorno, ti svegli e ti chiedi che fine abbia fatto, dove sia andato.
E così ti metti a cercare. E cerchi dappertutto, negli angoli più remoti della tua casa, sotto il divano, sopra i mobili. Ma nulla, non lo trovi più.
E' forse lì che ricompare, in quel negozietto di Ovregate, come se attraversasse un portale dimensionale per materializzarsi in questa minuscola bottega, dai corridoi stretti, con una densità di oggetti da fare invidia alla popolazione cinese.
Per visitarlo tutto c'è bisogno di farsi largo con le mani fra le cianfrusaglie, calpestando qualcosa, arrancando fra vecchie riviste, vinili rotti, cappelli e vestiti impolverati, e bellissimi giocattoli di legno.
Fra le tante chincaglierie, ce n'è una in particolare che attira la mia attenzione. E' un basso elettrico. E' pieno di polvere e ha le scritte sulla paletta cancellate dal tempo. Vorrei conoscere la sua storia.
Il tipo del negozio mi chiede se voglio comprarlo. Costa milleduecento corone. "Non ora" - dico. Non ora...
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quando si vedono cose magiche anche il modo di descriverle lo diventa. "kitchen parties" e giapponesi sbronzi, un fantoft di divertimento.
RispondiEliminanel negozietto chiedi un po' se è arrivata la mia felicità, che qui la neve non c'è a rifletterne la luce.
ho il sospetto che manchi una #parte 3 ..
RispondiEliminavoglio vedere quel negozio!!!!!
RispondiEliminapotrei anche accontentarmi di una foto però.. ^^
solo una cosa posso dire: CHINCAGLIERIE??? :P
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